Capitolo N°25: «Il rimprovero di Don Abbondio»

La liberazione di Lucia suscita una reazione di stupore in tutto il territorio di Lecco, tutta la popolazione sviluppa un sentimento di odio nei confronti di Don Rodrigo, il quale si vede costretto a fuggire verso Milano. Il cardinal Borromeo si dirige al paese di Lucia per raccogliere altre informazioni su Renzo. Tramite una lettera, donna Prassede decide di prendere Lucia sotto la sua protezione nella sua casa a Milano. L’arcivescovo chiede a Don Abbondio il movente che lo ha spinto ad annullare il matrimonio. Dopo il racconto del curato il cardinale perde le staffe ed inizia a rimproverare pesantemente il parroco.
Luoghi citati nel capitolo:

Il paesino di Renzo e Lucia si trova poco distante da Lecco ed è uno dei territori che sorge sulle rive del ramo meridionale del lago di Como. È abitato da poche persone, soprattutto famiglie di contadini, molto unite e pronte a darsi una mano l'un l'altra anche sottomesse al potere concentrato nelle mani di don Rodrigo. Nel primo capitolo è descritta la stradina che porta al paesino e che don Abbondio percorre tornando a casa dalla sua abituale passeggiata: essa si divide nelle vicinanze del tabernacolo dove i bravi attendono il curato: una strada porta in alto al paese mentre l'altra scende in direzione di un torrente a valle. Ciò ci può far pensare dunque a un paesino situato in una posizione elevata.
«Il giorno seguente, nel paesetto di Lucia e in tutto il territorio di Lecco, non si parlava che di lei…»
Lecco, cittadina della Lombardia che sorge sulle sponde del braccio meridionale del lago di Como, vicino al punto in cui esso si restringe diventando simile al corso di un fiume. All'epoca era un borgo di campagna poco distante dal paesino di residenza dei due giovani promessi sposi. Il paese – nell’epoca di narrazione del romanzo – ospitava una guarnigione di soldati spagnoli.
«Il giorno seguente, nel paesetto di Lucia e in tutto il territorio di Lecco, non si parlava che di lei, dell'Innominato, dell'arcivescovo e d’un altro tale…».


Milano, è la principale città lombarda del XVII secolo e la sede del governo spagnolo dell'epoca, nonché uno dei principali centri dell'Italia settentrionale. Milano è descritta da Manzoni come una grande città insalubre e malsana, abitata da gente molto diversa dalla quieta popolazione contadina dei piccoli borghi (scelta volutamente fatta dall’autore per mettere in risalto quanto la popolazione cittadina fosse molto più pretenziosa e vanitosa rispetto a quella rurale). Milano ha grande importanza all’interno del romanzo, sia per l'importanza della città fin dai tempi più antichi, sia in quanto luogo di nascita dell’autore. Egli ricostruisce l'ambiente milanese del Seicento basandosi sulle testimonianze lasciate dagli storici dell'epoca.
«…Di momento in momento, stette rintanato nel suo palazzotto, solo co’ suoi bravi, a rodersi, per due giorni; il terzo, partì per Milano».
Il palazzotto di Don Rodrigo, il signorotto che esercita il suo dominio sul paese di Renzo e Lucia. Sulla porta sono inchiodate le carcasse di due avvolto mentre l'interno dell'edificio non è mai descritto in modo dettagliato. L’edificio al giorno d’oggi viene identificato per tradizione con la villa che sorge in cima allo Zucco, un poggio nel rione di Olate (in provincia di Bergamo). Il palazzo fu costruito nel 1570 dalla potente famiglia degli Arrigoni e sarebbe stato progettato da un famoso architetto, Pellegrino Tibaldi. Fu proprietà di diverse famiglie nobiliari, finché nel 1937 fu acquistata da Ulisse Guzzi, il quale nonostante i malumori della gente del paese, decise di demolirla e ricostruirla mantenendo vagamente le forme originali. Dagli anni Ottanta il palazzo è proprietà del comune di Lecco.
«…Di momento in momento, stette rintanato nel suo palazzotto, solo co’ suoi bravi, a rodersi, per due giorni; il terzo, partì per Milano».


La chiesa del paesino di Renzo e Lucia, la cui facciata è stata decorata con tendaggi per accogliere festosamente l’arrivo del Cardinale Borromeo in paese. Egli sta infatti visitando le parrocchie del territorio di Lecco. La tradizione vuole che al giorno d’oggi questa chiesa venga fatta corrispondere alla chiesa dei Santi Vitali e Valeria posta ad Olate, un quartiere di Lecco. Era proprio in quest’edificio che si doveva celebrare il matrimonio tra Renzo e Lucia. La chiesa fu edificata nel Quattrocento ma di questa prima costruzione rimane solo il campanile, la navata fu modificata nel 1765 e allungata nel 1934. Poco distante dalla piazza di fronte alla chiesa sorge un gruppo di case tra le quali si troverebbe la presunta dimora di Lucia.
«…la facciata della chiesa era parata di tappezzerie» oppure «…entrò in chiesa, intanto ch’era vota; e stette lì ad aspettare».
La casa del sarto, luogo dove Lucia e Agnese si stabiliranno per poco tempo dopo la liberazione della giovane da parte dell’Innominato. Lucia – rapita e tenuta prigioniera nel castello dell’Innominato – trova nuovamente la libertà grazie al pentimento del malvivente, il quale si è convertito dopo aver avuto un colloquio con il Cardinal Borromeo. Don Abbondio e una buona donna, mandata proprio dal curato di quel villaggio, si recano al castello per prendere Lucia. La lettiga su cui viaggiano si allontana dal castello e scende lungo la valle allontanandosi, per poi giungere alla casa della donna, moglie dell’umile sarto del villaggio. Qui Lucia trova ospitalità dopo la sua liberazione dal castello ed incontra la madre Agnese. L’edificio si trova nel piccolo isolato di Chiuso, il quale mantiene ancora le caratteristiche originali descritte dall’autore nel romanzo. La casa è un esempio di architettura rurale del Seicento, oggi ristrutturata, con un portale in pietra. Attualmente abitazione privata, non è visitabile.
«Le due donne, in que’ pochi giorni ch’ebbero a passare nella casuccia ospitale del sarto…»
